Il Paradiso Terrestre - Cattedrale di Bisceglie

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La Cattedrale
il Paradiso Terrestre

Gli stipiti del nostro bellissimo portale, dal XII secolo, forniscono un particolare riferimento al Paradiso terrestre.

Se la parte superiore, l’archivolto, in connessione con la lunetta interna, la Traditio legis, ci parla della diffusione della Parola e della conseguente salvezza per tutto l’orbe creato, negli stipiti è raccontato l’antefatto, la ragione che ha reso necessario il personale intervento di Dio nella storia degli uomini.

È scritto nella Genesi: “Poi il Signore piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi pose l’uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male” (Gen 2,8-9): sono essi a riempire, con l’elegante intrico dei rami, stilizzati e abitati da uccelli felici, i due lunghi rettangoli degli stipiti del portale; giova ricordare che il nostro termine ‘paradiso’ deriva dall’arabo e significa, appunto, giardino.

Il primo albero fu ignorato dai nostri progenitori, nonostante la sua posizione centrale, ma il secondo fu segnalato da Dio all’attenzione di Adamo col ben noto divieto a mangiarne i frutti, forieri di morte (Gen 2,16-17). E morte fu, di ordine spirituale, ma anche materiale, perché l’albero della vita rimase inviolato nel paradiso perduto.

Esso svetta armonioso a sinistra del portale, con le radici immerse in un cantaro d’acqua, ad indicare quanto fosse fertile e ben irrigato il giardino dell’Eden; lungo il bordo esterno dello stipite, la cornice è formata da otto baccelli, piccole semisfere decorate, che ricordano nel numero le beatitudini enunciate da Gesù nel celebre discorso della montagna (Mt 5,3-10). Sono continui, nel contesto, i rinvii e gli accordi tra l’antico ed il nuovo Testamento.

L’albero della conoscenza occupa, invece, lo stipite di destra; le sue radici sono nascoste da una figura umana dalle membra involute da tre rettili, due serpenti ed un drago.

La storia dell’umanità narrata dalla Bibbia, come la vita pubblica di Gesù, comincia con il racconto della tentazione. Gesù insegna come combattere e vincere le tentazioni (Mt 4,1-10) e le classifica in tre tipi: di ordine materiale, tentazione basata sull’interesse (“di’ che questi sassi diventino pane”), di ordine naturale, basata sul sovvertimento delle leggi che regolano l’universo (“gettati giù”), di ordine spirituale, basata sulla brama di potere (“tutte queste cose io ti darò”); riflettendoci, qualunque nostra mancanza, lieve o grave che sia, rientra in una di queste tre categorie.

L’essere ai piedi dell’albero, quindi, sostituisce Adamo ed Eva e rappresenta l’intero genere umano nel suo dramma quotidiano di soggezione alla tentazione; poggia i piedi su un quadrilatero, in cui si intrecciano quattro virgulti: è il giardino dell’Eden, chiuso e sbarrato per sempre, e, con esso, la fonte perenne che lo irrorava e che formava quattro fiumi (Gen 2,10-14), Pison, Ghicon, Tigri ed Eufrate, rappresentati dal quadruplice motivo fogliare.

La caduta dell’uomo ha innescato, con la venuta del Signore, la storia della salvezza, i cui benefici effetti sono conclamati nella zona superiore del portale, ma questa non può compiersi automaticamente, senza l’attiva collaborazione di ognuno: il bordo esterno dello stipite destro è ornato da dieci più un baccello, i dieci comandamenti più il ‘comandamento nuovo’ di Gesù “amatevi l’un l’altro” (Gv 13,34).

Laddove la loro osservanza fosse sempre, dovunque e comunque messa in atto, essa trasformerebbe già questa nostra terra in un magnifico paradiso.
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