La Cattedrale
il Finestrone Absidale
Secondo l’antica prassi liturgica, la cattedrale volge ad oriente la sua zona più importante, il presbiterio, che accoglie l’altare, su cui si celebra il Sacrificio Eucaristico; ad oriente sono diretti l’attenzione e gli sguardi dei fedeli che vi assistono; dall’oriente è atteso il Signore, alla fine dei tempi (Mt 24,27); dall’oriente penetra la prima luce del giorno nelle ombrose navate, ancora pervase dalle tenebre notturne.
La grande finestra nell’abside, al di sopra dell’altare, ha la forma centinata di un portale e funziona come trionfale ingresso della luce, che rappresenta Cristo stesso, il Cristo risorto, il sole invitto, il sole che non conosce tramonto; la decorazione, pertanto, è all’esterno, è fatta per Lui, per onorarlo, ma è anche un’utile, rapida ricapitolazione dei principi generali della fede per chi, passando per la via sottostante, sollevi un attimo la testa e vi posi lo sguardo; per lo meno, questa era l’intenzione nel XII secolo.
In molte chiese romaniche, in Puglia, le absidi non sono visibili all’esterno (esempi celebri sono la basilica di San Nicola e la cattedrale, a Bari; le cattedrali a Molfetta, Giovinazzo e Bitonto), ma sono chiuse da una parete rettilinea che, ispirata all’architettura araba, conferisce al settore un’austera aria da fortezza; il finestrone segna il punto di tangenza tra l’abside maggiore, quando ve ne sono tre, e la parete di contenimento, di solito predisposta a fungere da base per due campanili, come avviene a Bisceglie, dove, al centro dell’unica, ampia conca absidale, si apre il nostro finestrone.
Ha una cornice a racemi e grani di rosario, un modulo antico e consueto, ed è in effetti l’apertura più antica della cattedrale, perché la zona orientale veniva costruita sempre per prima; datata quindi nella seconda metà dell’XI secolo; le sculture che aggettano intorno furono inserite oltre un secolo più tardi.
Esse sono, nell’ordine: una sfinge, in cima; due leoni, ai lati della centina (uno manca); due tori, ai lati della base (uno è acefalo); ancora due leoni ed un portatore di ariete, sotto il davanzale.
Sono figure dotate di forte visibilità ed abituali attributi di portali e finestroni coevi; sono ideogrammi di un linguaggio cifrato, allora universalmente conosciuto.
La sfinge proviene dalla mitologia pagana, è un ancestrale simbolo del mistero e della sapienza, come insegna il racconto di Edipo, che riuscì a risolvere l’ormai noto enigma propostogli dalla Sfinge, alle porte di Tebe; dotata di duplice natura (ha testa umana e corpo di leone), fu adottata in ambito cristiano a simboleggiare l’incarnazione di Cristo e la sua infinita sapienza.
Del leone ci siamo occupati; è il più frequente simbolo cristologico, rappresenta il Cristo risorto; aggiungeremo che, in base alla già ricordata profezia messianica del patriarca Giacobbe, Gesù è definito ‘leone della tribù di Giuda’ nella visione descritta dall’evangelista Giovanni (Ap 5,5).
Il toro, nella legge mosaica, è l’animale per eccellenza designato per il sacrificio d’espiazione (Lv 1,3-4; 4,3); rappresenta Cristo, vittima immolata per il perdono dei peccati.
Infine, l’uomo barbuto che reca un ariete sulle spalle è il patriarca Abramo (Gen 22,1-18), al quale Dio risparmiò il sacrificio del figlio Isacco, accettando in sua vece un ariete; in virtù della sua fede assoluta, Dio stabilì con lui e la sua discendenza l’Antica Alleanza, con la sua promessa di benedizione estesa a tutti i credenti mediante la Nuova Alleanza, sancita con il sacrificio di Gesù.
Un unico sguardo coglie, dunque, l’intera vicenda della redenzione, dall’incarnazione alla morte, alla resurrezione del Signore, alla sua perenne presenza Eucaristica in mezzo a noi.